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Migranti sul palcoscenico con le loro storie e le loro vite: “Questo è il mio nome” al Teatro Bismantova

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Si intitola “Questo è il mio nome” lo spettacolo che la Compagnia Teatro dell’Orsa porterà in scena al Teatro Bismantova venerdì sera, 19 febbraio, e in replica sabato 20 febbraio alla mattina per le scuole. Uno spettacolo di spessore, con ideazione e regia di Monica Morini e Bernardino Bonzani, che tratta un argomento di strettissima attualità, e che vedrà sul palco richiedenti asilo e rifugiati ospitati a Reggio Emilia: Ogochukwu Aninye, Mamoudou Camara, Djibril Cheickna Dembélé, Ousmane Coulibaly, Ezekiel Ebhodaghe, Mouaz Keita Mandjou, Baye Niase, Lamin Singhateh e il mediatore culturale Abdoulaye Conde. La produzione vede inoltre il coordinamento di Marco Aicardi, la collaborazione di Annamaria Gozzi, e l’ideazione luci di Lucia Manghi, la collaborazione della Cooperativa Dimora d’Abramo, il Progetto Sprar, il Centro di Accoglienza Straordinaria, la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia. “Questo è il mio nome” vuole essere una finestra aperta su storie invisibili, un orecchio rovesciato su un canto che attraversa i mari e i deserti, uno spazio e un tempo per lasciare un segno. Da Senegal, Costa d’Avorio, Guinea, Mali, Nigeria, Gambia, sul palco si srotolano le orme di Odissei in viaggio. Storie incise nella polvere e nella carne, scintille di memoria, passi protesi in avanti e occhi che guardano indietro. “Non dimenticare di portare scarpe buone per il viaggio. Non dimenticare i bambini. Non dimenticare il mio nome”. Sullo spettacolo afferma il vice Sindaco di Castelnovo Monti, Emanuele Ferrari: “Spettacoli come questo ci riportano al senso più vero e attuale del teatro: ce lo fanno vivere come luogo di incontro tra mondi, culture, persone. Sarà una serata speciale: occasione unica per riscoprire la legge più antica del mondo, quella dell’ospitalità. Oggi purtroppo questa idea d’accoglienza senza pregiudizi, questo abbracciare l’altro come parte essenziale di me è concretamente in pericolo. L’ospite è da tempo un potenziale nemico, spesso lo diventa nei fatti, per qualcuno lo è a priori. Ecco credo che essere a teatro in questo giorno sia un modo di rispondere a questa paura, un gesto concreto, anche se non sufficiente, per alimentare una speranza, ascoltando le storie di questi ragazzi e provando a ritrovarci con loro, riconoscerli a farli sentire a casa, perché il loro nome è anche il nostro”.

Il progetto teatrale si inserisce nei programmi di intervento per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati a Reggio Emilia. Il teatro assume una dimensione sociale, di cura della persona, oltre che di trasmissione della cultura. Giovani migranti dell’Africa sub sahariana si mettono alla prova sul palco di un teatro, sono portatori di saperi, storie e cultura di un mondo che inesorabilmente si avvicina verso l’Europa.

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