Non so.
Penso che oggi sia la cosa che mi sento di dire. E scrivere. Quella necessaria.
Non so come sarà. Non so come starò. Non so se questo è un inizio, uno di quelli veri, e non invece un falso movimento. Non so se andrà tutto bene.
Ma a volte, mai abbastanza forse, ci rendiamo conto che non sapere è essenziale. Non sapere è una porta che si apre, è stare sulla soglia non sapere. Rinunciare al tutto per una sua parte, quella piccola, piccolissima. Quella che forse so.
Non sapere, oggi, mi pare che sia come stare in una tensione, anzi in una vibrazione, pronti a muoversi, ad andare verso, sentirsi pronti, per tutto quello che viene, nonostante tutto.
Quello che avviene.
Ecco mi sembra, già questa posizione, non seduta, non passiva, questa idea concreta di non sapere, un buon modo per riprendere il filo, forse anche per ricominciare.
E in particolare per ricominciare la scuola. Ad andarci soprattutto. A trovarsi in questo luogo, dove in ogni momento sapere e non sapere si mettono in contatto, dove la presenza dialoga, o dovrebbe dialogare, con la distanza. Dove le parole e le cose trovano il modo e i mondi per risuonare insieme, a partire da un primo, ineffabile silenzio, che poi è contenuto in ognuno di noi.
E respira nel nostro respiro.
Ecco quindi cosa farò io quest’anno.
La scuola istruzioni per l’uso, mi verrebbe da dire. Da scrivere.
Leggerò a qualcuno l’Odissea.
A qualcun altro invece Oceano mare.
Leggerò questi due libri perché parlano di uomini in cammino.
E perché il mare è un idioma che io non posso decifrare.
Cercherò di non sapere, e con questo, di imparare qualcosa. Insieme con loro.
Aprirò molte volte le finestre delle aule, più dei cinque minuti previsti, per fare entrare aria.
Proverò a non sbuffare, a non soffiare per mandare via le cose, i pensieri, tutto quello che non mi piace.
E proverò invece a respirare per mandarle dentro le cose, i pensieri, anche quello che non mi piace, e forse trasformarlo in bene, per me ma non solo.
Perché il bene, se è per uno solo, non è bene.
Poi cercherò di dare valore alla cosa più preziosa che accade ogni momento nella scuola: gli errori, gli sbagli, ma anche gli sbadigli, le fragilità, le sconfitte, i fallimenti, le incertezze, le insicurezze.
Cercherò di fare in modo che queste cose abbiano il voto più alto, la mia considerazione più elevata, la mia attenzione più pura e disinteressata, anche la mia gioia inattesa.
Perché solo da quelle isole di non sapere accade il miracolo della scuola, e diventa possibile ascoltare l’oceano mare, intraprendere la nostra comune, umanissima odissea.
E tornare a casa. Nella nostra patria. Dove c’è qualcuno che ci aspetta. Una madre e moglie. Un figlio. Ancora un padre. Che coltiva la vigna.
Cercherò di tornare a casa allora. E di non smettere mai di tornarci.
Perché di fatto io non so.
Non so come si fa. A ritornare. Per questo vado ancora scuola.
Per aspettare, per sperare. Di impararlo.
Questo è quello che farò e vi auguro di fare.
Questo è quello che vi auguro di cercare. Per quest’anno almeno.
Io ve lo prometto. Lo cercherò.
(Emanuele Ferrari, vice sindaco, assessore alla scuola
Comune di Castelnovo Monti)
10 settembre 2020